L’integrazione passa per la scuola
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Un rapporto condotto dal Ministero dell’Istruzione e dalla fondazione Ismu rivela i dati sugli studenti con cittadinanza non italiana che ogni mattina rispondono all'appello nelle nostre scuole. Il loro numero è in aumento costante, ma devono affrontare molte difficoltà. Troppi coloro che interrompono il percorso formativo. Elemento imprescindibile per l'inserimento sociale.
Uno metodi più efficaci per favorire l’integrazione dei giovani stranieri che arrivano o che sono nati Italia è sicuramente quello che passa attraverso l’istruzione. Proprio in quest’ambito, però, il nostro paese mostra ancora lacune e ha molta strada da percorrere. Nel 2014, infatti, fra i giovani provenienti da Paesi che non fanno parte dell’Unione europea e di età compresa tra i 18 e i 24 anni, erano oltre il 34% quelli che hanno interrotto il loro percorso formativo, contro il 27,1% dei comunitari e il 13,6% degli italiani. In altre parole, più di un ragazzo su tre degli stranieri non europei che vivono nello stivale non è andato oltre le scuole medie. Una situazione che non può essere etichettata come “normale” se si pensa, per esempio, che la media europea degli “early school leavers” non autoctoni, come sono definiti nelle statistiche, è di appena il 23,4%.
Va notato subito, però, che parlare di studenti “stranieri” rischia di confondere la situazione reale. Di questi alunni, infatti, il gruppo di quelli con cittadinanza non italiana ma nati in Italia è più che raddoppiato rispetto al 2007/2008 e corrisponde ormai a ben il 55,3% del totale. E nella scuola dell’infanzia la percentuale arriva addirittura all’84,8%. Detto in altri termini, la maggior parte dei ragazzi con nazionalità straniera che studia in Italia ha vissuto tutta la vita nel nostro Paese: il fatto di non avere la cittadinanza italiana, dunque, è un problema creato dalla nostra legislazione.
Questi sono solo alcuni dei moltissimi dati che emergono dal recente rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. La scuola multiculturale nei contesti locali. Rapporto nazionale. A.s. 2014/2015”, condotto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) e dalla fondazione Ismu.
Addentrandosi tra le 185 pagine del documento, si scopre anche che l’incidenza dei “NEET”, cioè dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, raggiunge il 35,4% fra i non comunitari, il 32,8% tra i comunitari e il 25,14% fra gli italiani. Un’altra conferma, dunque, che la vita è piuttosto complicata per i giovani stranieri in Italia. In questo caso, le situazioni più difficili si segnalano per chi proviene da Bangladesh, Marocco, Pakistan e Sri Lanka.
E poi ci sono le prove nazionali Invalsi. “Gli esiti degli studenti immigrati - scrivono i ricercatori -sono significativamente inferiori rispetto a quelli dei loro compagni italiani in ogni livello scolastico” (a cominciare dalla prova di italiano, naturalmente). Un altro campanello d’allarme, che avverte la nostra società che non tutti i ragazzi stanno ricevendo le stesse opportunità. Anche se forse con qualche eccezione, dal momento che nelle province di Roma e Torino gli alunni stranieri mostrano performance migliori rispetto alla media italiana.
La fotografia scattata da Miur e Ismu mostra una realtà con cui è necessario fare i conti. Il numero di alunni non italiani, infatti, continua ad aumentare, anche se a un ritmo più contenuto rispetto al passato, mentre quello degli italiani diminuisce costantemente. Basti pensare che tra l’anno scolastico 2009/2010 e quello 2014/2015 gli iscritti provenienti da altri Stati erano cresciuti di quasi il 21%, a fronte di un calo del 2,7% degli italiani. Complessivamente, in Italia ci sono circa 8,87 milioni di alunni, di cui più di 814 mila stranieri. Detto in un altro modo, circa uno studente su dieci è figlio di migranti.
Le storie che si nascondono dietro a questi numeri sono le più disparate, anche perché le provenienze sono molto varie. Gli studiosi che se ne sono occupati, infatti, hanno notato che nelle prime quindici cittadinanze rappresentate dagli alunni stranieri si trovano tutti i continenti tranne l’Oceania. Nello specifico, i romeni sono i più numerosi in tutti gli ordini e gradi di scuola (157.153), seguiti da albanesi (108.331) e marocchini (101.584). A distanza, si trova il gruppo degli alunni di origine cinese (41.707) e filippina (26.132). Interessante notare che, a differenza degli ultimi anni, sono cresciuti gli iscritti rom, sinti e caminanti, che hanno raggiunto quota 12.437 (+780 rispetto all’anno precedente).
La presenza dei giovani, però, non è omogenea su tutto il territorio. La Lombardia è la regione col maggior numero di ragazzi e ragazze non italiani (oltre 200 mila presenze), seguita da Emilia Romagna e Veneto (oltre 90 mila), per finire con Lazio e Piemonte (più di 70 mila).
di Marco Ratti
Fonte: www.nigrizia.it